Decreto Ministeriale del 1 ottobre 2018, n. 131
Il Decreto Ministeriale chiarisce aspetti fondamentali del settore della panificazione, utili per una scelta consapevole da parte del consumatore.
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale Italiana del 19 novembre 2018, n. 269 il Decreto Ministeriale 1 ottobre 2018, n. 131 Regolamento recante disciplina della denominazione di “panificio”, di “pane fresco” e dell’adozione della dicitura “pane conservato”.
Il decreto è entrato in vigore il 19 dicembre u.s. esattamente trenta giorni successivi a quello della sua pubblicazione in Gazzetta.
Il settore era in attesa da molti anni, ben 12, di una norma che regolamentasse e facesse chiarezza su aspetti fondamentali per il comparto ed a vantaggio del consumatore, probabilmente però si è persa anche in questo caso un’importante opportunità rischiando inoltre di creare su certi aspetti più confusione che altro.
Il Decreto infatti dà attuazione a quanto previsto dall’art. 4 comma 2 – ter del Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223 Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale.
Il provvedimento nasce con l’intenzione di dare delle definizioni chiave per il settore che possano garantire la tutela e la chiara differenziazione per il consumatore del prodotto artigianale nazionale rispetto all’invasione di prodotti congelati usualmente poi finiti di preparare dai vari punti vendita della grande distribuzione organizzata.
Il panificio viene definito come “L’impresa che dispone di impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affini e svolge l’intero ciclo di produzione dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale”, il pane fresco è prodotto solo ed unicamente nei “panifici” ed è “il pane preparato secondo un processo di produzione continuo, privo d’interruzioni finalizzate al congelamento o surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante. E’ ritenuto continuo il processo di produzione per il quale non intercorra un intervallo di tempo superiore alle 72 ore dall’inizio della lavorazione fino al momento della messa in vendita del prodotto.”. L’art. 3 dà la definizione di “pane conservato o a durabilità prolungata”.
Soprattutto quest’ultima definizione a parere dello scrivente risulta poco chiara o quanto meno incompleta poiché considera solamente il pane venduto sfuso non specificando nulla in merito al prodotto preimballato che come si può capire è un prodotto che necessita di maggiore capacità conservativa.
Inoltre il Decreto sembra tenere poco in considerazioni provvedimenti normativi intercorsi nei 12 anni di gestazione e che hanno già chiarito aspetti come ad esempio la dichiarazione dello stato fisico obbligatoria ai sensi del Reg. n. 1169/2011.
Il provvedimento è stato sicuramente accolto favorevolmente dalle varie associazioni ma mancano ancora altre importanti definizioni come ad esempio le specifiche definizioni di pasta madre, di lievito naturale o di lievito fresco.
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